Cristiani ortodossi verso lo strappo: Kiev lascia Mosca

Di Federica Tourn (Famiglia Cristiana, 06/12/2018)

Il presidente Petro Poroshenko ha annunciato che il 15 dicembre si terrà a Kiev, nella cattedrale di Santa Sofia, il primo Sinodo unito della Chiesa autocefala ucraina. Durante l’assemblea, che riunirà le gerarchie ecclesiastiche delle chiese ortodosse indipendenti dal Patriarcato di Mosca, verrà approvato lo statuto della neonata chiesa nazionale ed eletto il suo primate, che subito dopo andrà a Istanbul a ricevere dalle mani del patriarca Bartolomeo il tomos, cioè l’attestazione formale dell’autonomia.

È una data storica, che fa seguito alla dichiarazione dell’indipendenza della chiesa ucraina, annunciata dal patriarca Bartolomeo durante il Sinodo del Patriarcato ecumenico, che si è tenuto a Instabul a fine novembre. «Negli ultimi cinque anni abbiamo intensificato il dialogo con il Patriarcato ecumenico allo scopo di ottenere l’autocefalia per la chiesa ucraina; sua santità il patriarca Bartolomeo ha accettato di sostenerci, respingendo le pretese di controllo della Chiesa ortodossa russa in Ucraina e ora finalmente siamo giunti a questa decisione fondamentale», ha dichiarato soddisfatto Poroshenko, secondo quanto riporta la Pravda ucraina.

È facile prevedere che l’entusiasmo del presidente non sarà condiviso dalla Chiesa ortodossa russa, vista la freddezza che intercorre fra Mosca e Kiev da quando, l’11 ottobre scorso, Bartolomeo aveva dichiarato di voler appoggiare la richiesta di autonomia della chiesa ortodossa in Ucraina, di fatto sottraendo all’influenza dei russi le comunità locali. Nello specifico, avvalendosi del suo essere primus inter pares fra i vescovi ortodossi, Bartolomeo ha revocato al Patriarcato di Russia la possibilità di nominare il metropolita di Kiev, sancita “provvisoriamente” da una lettera sinodale del 1686, e ha concesso appunto l’autocefalia alla chiesa ucraina, una facoltà che gli viene riconosciuta dai canoni e dalla tradizione.

La risposta del patriarca Kirill è stata durissima: il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha rotto la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli, vietando ai sacerdoti la concelabrazione dei sacramenti. In particolare, la Chiesa russa accusa apertamente Bartolomeo di aver aperto la strada allo scisma, attentando alle fondamenta stesse del sistema canonico ortodosso.

Un gesto di rottura, quello del patriarca ecumenico, che ha suscitato reazioni diverse anche in Ucraina dove, dal crollo dell’Unione Sovietica, la chiesa ortodossa è divisa in tre parti: la Chiesa ortodossa legata a Mosca, il Patriarcato di Kiev con a capo Filaret, autoproclamatosi patriarca con la nascita dello stato nazionale, e la piccola Chiesa autocefala ucraina, nata nel 1920 e già scismatica da quasi un secolo, guidata da Macarius Maletich. Fino ad ora, l’unica chiesa riconosciuta dall’ortodossia canonica era il Patriarcato di Mosca e il fatto che, con 12 mila parrocchie, 9mila sacerdoti e 300 monasteri, comprenda più di un terzo delle parrocchie e del clero di tutto il Patriarcato di Mosca è un’altro causa dell’irritazione delle gerarchie russe.

Il patriarca Kirill non ignora infatti che l’autocefalia ucraina per la Chiesa ortodossa russa significa anche un’emorragia di sacerdoti e fedeli: persino qualche vescovo potrebbe ora passare nelle fila della chiesa nazionale. Le preoccupazioni riguardano anche le proprietà fino ad oggi in mano alla Chiesa russa, a partire dal Lavra, residenza ufficiale del metropolita di Kiev. Timori non infondati, visto che due giorni fa la polizia ucraina ha perquisito diverse chiese ortodosse russe e abitazioni private dei sacerdoti nella capitale e nella vicina regione di Zhytomyr.

La nuova chiesa autocefala, quindi, vede la luce in un clima di tensione non soltanto religioso ma anche politico, considerata l’instabile situazione nel Donbass, in cui la precaria tregua fra l’esercito nazionale e i separatisti filorussi registra continue violazioni, e il recente incidente occorso nelle acque territoriali condivise tra il Mar d’Azov e il Mar Nero, dove il sequestro da parte dei russi di due navi militari e un rimorchiatore ucraino hanno provocato disordini a Kiev e convinto il presidente Poroshenko a introdurre la legge marziale nel paese. Dal canto suo, come riporta l’agenzia di stampa Sir, il Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina ha assicurato «una preghiera rafforzata per la difesa dall’aggressione straniera e per il ripristino della pace» invitando i cittadini a pazientare con le restrizioni imposte dal governo, affermando infine che «il popolo ucraino ha il diritto e il sacro dovere di difendere la propria patria».

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