Zona disagio. Fortezza Europa criminalizza chi salva vite

Gli ultimi mesi hanno visto l’intensificarsi di strategie repressive messe in atto a livello politico e giudiziario allo scopo di ostacolare, per non dire tentare di annullare in toto, i soccorsi metti in atto dalla società civile nei confronti delle persone migranti. In mare come via terra il lockdown ha reso più complicato il lavoro anche dei mezzi di comunicazione, che hanno faticato a raccontare cosa accedeva e accade tuttora ai nostri confini; un po’ per difficoltà oggettive un po’ perché l’agenda dei media è stata ed è ancora dominata dalla questione pandemia. Telecamere spente e allora via agli esperimenti: respingimenti alla frontiera slovena, incriminazioni varie alle navi nel Mediterraneo.

In principio furono i blocchi amministrativi e le accuse di svolgere il ruolo di “taxi del mare”.

5 maggio 2020: la prima nave fermata è la Alan Kurdi, battente della ong tedesca Sea-Eye, ancora bloccata;
6 maggio 2020: il giorno dopo, è fermata anche la spagnola Aita Mari (dell’Ong Salvamento Marítimo Humanitario);
8 luglio 2020: è invece il turno della Sea Watch 3 nel porto di Porto Empedocle; lunga ispezione a bordo e contestazione di una serie di mancanze e sblocco ottenuto a fine febbraio 2021.
22 luglio 2020: la Ocean Viking di Sos Mediterranée è stata bloccata a Porto Empedocle in seguito a una lunga ispezione. Quest’ultima è stata “liberata” il 21 dicembre scorso dopo cinque mesi esatti;

21 settembre: la nave Sea Watch 4 viene bloccata nel porto di Palermo. E’ stata dissequestrata il 2 marzo 2021;
25 settembre 2020: è il turno della nave Mare Jonio dell’organizzazione non governativa (Ong) Mediterranea, bloccata nel porto di Pozzallo da allora.

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